Il follicolo pilifero è una sorta di “miniorgano” soggetto a continui cicli di crescita durante tutta la vita : normalmente si rigenera 8-10 volte nell’arco della nostra esistenza.
Esiste un vero e proprio orologio del ciclo del capello per cui le fasi di:
- crescita (anagen),
- involuzione (catagen),
- quiescenza (telogen)
- caduta (exogen)
si susseguono, in condizioni normali, con tempi ben definiti ma in modo asincrono, interessando cioè una quota di capelli pari al 15-20%, di modo che la massa totale dei nostri capelli subisca variazioni minime.
Il ciclo del capello è controllato da ormoni e fattori di crescita ma anche da eventi che si ripercuotono sul microambiente del follicolo alterandone la normale dinamica e determinando quindi variazioni di qualità e quantità dei capelli.
Durante la fase anagen si ha un’intensa attività cellulare a livello della matrice del bulbo pilifero con produzione di un nuovo fusto, la successiva fase di involuzione porta all’arresto della’attività proliferativa con il passaggio nella fase di quiescenza che dura in media 3 mesi, al termine della quale si verifica la caduta del capello per cui, spontaneamente o per il solo lavaggio o spazzolamento, si stacca dalla nicchia in cui è contenuto anche perché al di sotto il nuovo fusto che si è formato “spinge” verso l’esterno il vecchio capello che ha terminato il suo ciclo vitale.
In condizioni normali, esaminando il cuoio capelluto con una lente si nota che da ogni ostio follicolare (cioè lo sbocco cutaneo da cui fuoriesce il capello) emergono 2 e a volte anche 3 capelli che condividono quindi lo stesso “canale di uscita” ma sono prodotti da matrici differenti mentre se vi è una riduzione della massa dei capelli si osserva frequentemente la presenza di un solo capello per ostio follicolare.
Questo fenomeno potrebbe essere dovuto allo sfasamento di ciclo dei singoli capelli ma anche al cosiddetto fenomeno della ”eclisse” del capello per cui tra la caduta di un capello e la sua sostituzione con un nuovo fusto vi è un periodo di latenza durante il quale il follicolo pilifero appare vuoto: è chiaro che, poiché in media tale fenomeno può durare anche qualche mese, la densità dei capelli risulta nettamente diminuita.
Certamente nel determinare la eclisse hanno importanza i fattori di crescita e altri mediatori la cui carenza potrebbe contribuire alla alterazione della normale dinamica del ciclo follicolare.
L’eclisse del capello può rappresentare un fatto isolato che interessa pochi follicoli e passare inosservato oppure coinvolgere un maggior numero di capelli come accade nei telogen effluvi , ad esempio post parto.
Durante la gravidanza, infatti, la fase anagen dura più a lungo e quella di teloptosi (cioè il distacco del capello) è molto ritardata per cui la caduta dei capelli si riduce sensibilmente salvo ripresentarsi dopo il parto con una sorta di “eliminazione” di tutti i capelli che non si erano persi durante la gestazione, coinvolgendo anche fino al 30% dei capelli con effetti drammatici da un punto di vista psicologico.
D’altra parte anche la menopausa rappresenta un momento critico per i capelli perché gli androgeni (più “vispi” grazie al calo degli estrogeni) possono determinare, soprattutto in chi è geneticamente predisposto per una maggior ricchezza di recettori ormonali a livello del follicolo pilifero, una riduzione di durata della fase anagen ed un’assottigliamento dei capelli, tipicamente nella zona del vertice con conseguente reale diradamento.
Sono questi i casi sempre più frequenti di alopecia androgenetica vera, in cui il ruolo scatenante degli ormoni androgeni è noto o di FPHL (Female Pattern Hair Loss) in cui oltre ad uno stimolo ormonale negativo, prevalentemente legato al calo degli estrogeni, gioca un ruolo centrale l’alterazione dell’orologio biologico del capello.
Oltre alla terapia ormonale specifica, nei casi in cui sia necessaria, in queste situazioni diventa importante l’azione di stimolo dei fattori di crescita piastrinici (PRP).